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Uscire dalla religione della crescita economica e il caso Grecia
6/7/2011
Stile di Vita Green Living
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  Locazione: Parlamento Europeo
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Crescita economica, aumento dei consumi e crisi internazionale. Con questo reportage pubblico un abstract del discorso di Serge Latouche, professore emerito di economia presso l’Università di Orsay, nel suo discorso al parlamento europeo.

[Affrontare la crisi con le vecchie ricette keynesiane di rilancio dei consumi e degli investimenti per far ripartire la crescita. Bene, questa terapia non è auspicabile. Non è auspicabile, perché il pianeta non la può più sopportare perché, a causa del depauperamento delle risorse naturali (in senso lato), già in atto dagli anni 70, i costi della crescita (quando si è verificata) sono superiori ai suoi benefici. I guadagni di produttività attesi sono pari a zero o quasi zero. Dovrebbero essere ulteriormente privatizzate e mercificate le ultime riserve di vita sociale e far crescere il valore di una massa invariata o in diminuzione di valori d’uso, per estendere di pochi anni l’illusione della crescita.

L’esempio della Grecia è da questo punto di vista sufficientemente eloquente.

Si tratta di uscire dall’imperativo della crescita, cioè, di rifiutare la ricerca ossessiva della crescita. Quest’ultima non è ovviamente (e non dovrebbe essere) un fine in sé; essa non è più un modo per eliminare la disoccupazione. Si deve tentare di costruire una società dell’abbondanza frugale, o per dirla come Tim Jackson di prosperità senza crescita.

In effetti, l’obiettivo primario della transizione dovrebbe essere la ricerca della piena occupazione per porre rimedio alla miseria di una parte della popolazione. Questo potrebbe essere fatto attraverso una rilocalizzazione sistematica delle attività utili, una attività di riconversione graduale delle attività parassitarie come la pubblicità o nocive come il nucleare e la produzione di armi, e una riduzione programmata e significativa del tempo di lavoro. Per il resto, è il ricorso alla stampa di cartamoneta, e quindi ad una inflazione controllata (diciamo più o meno del 5% l’anno) che noi raccomandiamo. La soluzione keynesiana equivale alla scelta di una moneta fondente che stimola l’attività economica, senza tornare alla logica della crescita illimitata, favorendo la soluzione dei problemi causati dall’abbandono della religione della crescita.

Naturalmente, questo bel programma è più facile a dirsi che a farsi. Nel caso della Grecia richiede come minimo di uscire dell’euro e ripristinare la Dracma, probabilmente non convertibile, con tutto ciò che questo comporta: controllo dei cambi e ricostituzione delle dogane. Il necessario protezionismo selettivo richiesto da questa strategia farebbe inorridire gli esperti di Bruxelles e del WTO. Ci si dovrebbe dunque attendere misure di ritorsione e tentativi esterni di destabilizzare coordinati con gli atti di sabotaggio da parte degli interessi lesi all’interno. Questo programma sembra molto utopico oggi, ma quando si arriverà al fondo del marasma e della crisi reale che abbiamo di fronte, sembrerà auspicabile e realistico.

Conclusione:

Nell’antica tragedia greca, la catastrofe è l’argomento della strofa finale. E noi siamo a questo punto. Un popolo vota in massa per il Partito Socialista il cui programma è stato classicamente socialdemocratico e, sotto la pressione dei mercati finanziari, si vede imposta una politica di austerità neo-liberale da quello stesso partito, in obbedienza agli ordini congiunti di Bruxelles e del Fondo Monetario Internazionale. L’Euro impedisce alla Grecia di fare cio che l’Islanda ha potuto fare: rifiutare democraticamente il diktat. E’ chiaro che probabilmente la maggioranza del popolo greco non accetterebbe, e in ogni caso non facilmente, le conseguenze delle cesure necessarie per una diversa politica (uscita dall’Euro, ripudio almeno parziale del debito pubblico, probabile messa al bando da parte dell’Europa ed embargo dei paesi danneggiati, fughe di capitali, ecc). Ma le "lacrime e sangue", prendendo le famose parole di Churchill, ci sono già, ma senza la speranza di vittoria. Il progetto della decrescita non promette di evitare il sangue e le lacrime nell’economia, ma almeno apre la porta della speranza. L’unico modo per sfuggire a questo stato di cose, ce lo auguriamo vivamente, sarebbe quello di riuscire a far uscire l’Europa dalla dittatura dei mercati e costruire l’Europa della solidarietà e della convivialità, questo cemento del legame sociale che Aristotele chiamava filia.] - Serge Latouche


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REPORTAGE
 
Uscire dalla religione della crescita economica e il caso Grecia
 
posted on 7/6/2011 at 10:57


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Caro Beppe il mio penisero lo conosci ed uno dei miei motti anche.

Colgo l’occasione per chiarire il "recessione è bello" con "l’incremento generalizzato del PIL, oltre che stupido è impossibile".

Ciao e buona giornata

Sergio Capraro
 
Ciao Sergio.. e tu conosci pure il mio.. :) da molti mesi ormai ci si confronta su dinamiche tecnico-economiche legate all’impossibilità della crescita perenne.

Poi per quanto riguarda il debito e le ripercussioni dirette sulle persone (e sull’ambiente) ricordo sempre con piacere una frase che viene riportata nel Zeitgeist Addendum e che suona così: "il denaro è il fucile e il debito è il suo sparo".

Che dire, l’uomo le ha inventate tutte per non essere felice!
 
Non si può e non è facile entrare nei dettagli in questa sede, soprattutto con la sicurezza di essere sufficientemente chiari quindi potenzialmente comprensibili.

Alcuni sostengono e predicano che da sempre sia volutamente e per convenienza impostata un’economia sul debito, che potrebbe essere sostituita dal suo esatto opposto fondato sul credito, con risultati migliori.

Certo è che il denaro - per cui il più delle persone tanto suda - è ormai "convenzione" che negli anni si sta sempre più distillando in purezza.

Nella virtualità del suo valore pertanto, sta la fonte di un’enorme potenzialità distruttiva, tipo quella che ci ha recentemente travolto.

Sberle che lasciano il segno, intontiscono così a lungo, da scoprirci oncor oggi gravemente e forse permanentemente malati.

Credo che nessuno qualche anno fa potesse immaginare la potenza di questi spari e purtroppo, sembra che taluni anche in questi giorni si pensino ancora furbi nel poterli sfruttare, senza restare essi stessi scottati.

Il mondo è bello perchè è vario si diceva e si dice; senza cultura, conoscenza e coscienza, come anche tu sostieni, diventerà sempre più, solo avariato.

"Eppur si muove" e, come vedi dalle corse di questi giorni, questo credo fortunatamente resta valido per alimentare la fede della speranza.

Buona serata

Sergio Capraro
 
Il debito non è l’esatto opposto del credito, ma la sua naturale ed ineliminabile controparte.
Non esiste un credito mio se non c’è un debito di qualcuno nei miei confronti, quindi "impostare un’economia sul credito" ed "impostare un’economia sul debito" sono esattamente la stessa cosa.
Inoltre debito e credito non hanno nemmeno bisogno del denaro per esistere...

Poi mi pare un’aperta ed evidente contraddizione dichiarare di voler abbandonare la religione della crescita facendo crescere la base monetaria.
 
Mi riferisco tra l’altro, al "signoraggio", quindi nessuna relazione con quanto hai interpretato.

Grazie

Sergio Capraro
 
E le scie chimiche le lasci da parte invece? ;-)
Finora tutti quelli che ho sentito parlare di signoraggio non avevano nemmeno compreso cosa fosse una banconota.
Il signoraggio in Italia vale 15’600 Euro all’anno in tutto. Più o meno quello che ci costa ogni mese un solo parlamentare. E’ un problema prioritario?
Qui qualcuno ne parla con cognizione di causa:
http://signoraggioinformazionecorretta.blogspot.com/2010/03/quanto-ammontano-e-chi-vanno-gli-utili.html

e

http://it.wikipedia.org/wiki/Signoraggio#Teorie_del_complotto_sul_signoraggio
 
Alle scie chimiche non ci credo ma al potere dato dalla virtualità di una moneta che è sempre più il risultato di click e registrazioni digitali ci credo eccome.

La ragione è molto semplice e sta nel diverso rapporto di forza esistente tra chi può cliccare e chi no.

Grazie comunque per le segnalazioni che ho letto.

Sergio Capraro
 
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