Olio di palma: dolci, patatine, creme, biocarburanti, tessuti, carta, elettronica - TUTTO. L’olio di palma viene utilizzato ovunque. Ma che cos’è? Da dove proviene? Perchè è così richiesto? Cosa si nasconde dietro a questo prodotto naturale a basso costo? Quali le conseguenze per l’ambiente? Facciamo il punto.
L’olio di palma è un olio vegetale alimentare estratto dal frutto di una palma tropicale (foto 1) che cresce in una fascia ristretta a nord e sud dell’equatore. La forte resa di olio commestibile prodotto per ettaro ha generato la rapida espansione delle superfici coltivate in Indonesia.
Indonesia e Malesia sono i due principali paesi produttori. L’olio di palma raffinato è largamente utilizzato in cucina, onnipresente nella produzione mondiale di alimenti trasformati, nei saponi, nei detergenti e nei prodotti d’igiene personale. È anche largamente utilizzato nella fabbricazione di oggetti di metallo, plastica, gomma, in tessili, vernici, carta e componenti elettronici. L’olio greggio viene raffinato per produrre, tra le altre cose, l’olio per frittura usato dalle industrie che producono snack e come ingrediente di margarine, grassi per pasticceria, cioccolato, dolciumi, gelateria e latte condensato, oltre ai saponi e ai detergenti (foto 2).
L’espansione delle piantagioni di palma da olio nelle foreste torbiere indonesiane viene praticata drenando il terreno con un reticolo di canali. Questi vengono inizialmente impiegati come via per il trasporto dei tronchi di valore commerciale rimossi dalla foresta (foto 3), quindi vengono svuotati per far defluire l’acqua e prosciugare il terreno.
Malgrado questa pratica sia vietata, la biomassa residua viene normalmente rimossa con gli incendi (foto 4). Gli incendi hanno, inoltre, il “vantaggio” di diminuire l’acidità del terreno, tipica delle foreste torbiere, e di provvedere alla concimazione e alla rimozione dei potenziali parassiti.
Le emissioni causate dalla deforestazione in Indonesia, senza calcolare il drenaggio della torba, sono stimate attorno ai 200 milioni di tonnellate di carbonio ogni anno, ma secondo altre fonti potrebbero raggiungere i 400 milioni di tonnellate (foto 5). In questo Paese, il tasso di deforestazione è maggiore nelle torbiere poiché le foreste di pianura su suolo minerale sono state già in gran parte distrutte, e l’espansione si concentra ormai sulle aree marginali.
Una foresta degradata contiene molto meno carbonio di una foresta vergine, ed è pericolosamente vulnerabile agli incendi, ma può ancora ospitare una ricca biodiversità, e non è escluso un recupero delle sue funzioni, tra cui una ripresa dell’accumulo di carbonio e della funzione di refrigerazione del clima.
Per converso, una piantagione di palma da olio (foto 6) ha perso per sempre tutti i suoi valori di biodiversità, mentre l’impiego di pesticidi e fertilizzanti danneggia anche le aree circostanti. Specie ad alto rischio, tra cui l’orang-utan (foto 7), la tigre di Sumatra (foto 8) e il rinoceronte (foto 9) sono direttamente minacciati dall’espansione delle piantagioni. Pochi luoghi al mondo sono in grado di eguagliare in varietà, volume e importanza la ricca biodiversità delle foreste indonesiane (foto 10).
Vogliamo fare la nostra parte? Iniziamo dalla conoscenza del problema.
Tratto da Greenpeace.
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