Le borse di plastica “volano”,e a volte alzando lo sguardo, le si vedono ondeggiare come bandiere sugli alberi, e poi galleggiano nei mari, li inquinano e sono fonte di morte per molti pesci e per uccelli, che li ingeriscono credendoli cibo, oppure accidentalmente, rimanendone soffocati. La loro dispersione nell’ambiente è uno dei dati più negativi che li caratterizza. In Italia è stato calcolato che ciascun abitante consumi 300 sacchetti di plastica all’anno. La normativa tecnica comunitaria En 13432 ne vieta l’utilizzo e anche in l’Italia, dal primo gennaio 2011, ha detto stop(chi non lo ha fatto si dovrà adeguare) allo shopper di plastica. Da molto tempo nei supermercati i sacchetti di plastica sono a pagamento, e non mancano gli esempi di catene della grande distribuzione che hanno proposto alternative ai propri clienti. Con modalità diverse, negli esercizi di queste catene i consumatori hanno trovato, già dagli ultimi mesi del 2010, invece delle borse di plastica, contenitori riutilizzabili, sacchetti in carta o in materBi, shopper biodegradabili. Insomma, la vecchia sporta riutilizzabile, al posto delle decine di sacchetti in plastica che ogni casalinga accumula nel corso dell’anno. Per ora, sono state avviate campagne per sensibilizzare la popolazione sul tema sull’abolizione delle sporte in plastica, da “Vota il sacco” di Legambiente, che ha proposto un referendum per dire no al sacco in plastica e per decretarne il degno successore, alla campagna lanciata dall’associazione Comuni virtuosi sul sito www.portalasporta.it. Anche regioni e province si sono mosse per promuovere alternative al sacchetto della plastica.
Il Conai (Consorzio nazionale imballaggi) da anni premia e mette in vetrina le aziende che con sensibilità adottano imballaggi tesi a risparmiare materiali e a favorire lo smaltimento e il riciclo.
Ovviamente alle spalle di un sacchetto di plastica, c’è un settore INDUSTRIALE che ha evidenziato alcune perplessità riguardo all’abbandono definitivo del tradizionale sacchetto. Unioplast, nel mese di novembre del 2010, ha ricordato in un memorandum, alcune conseguenze riguardanti l’adozione della normativa europea. Per il consorzio di Confindustria, infatti, occorre sottolineare come fabbricare i sacchetti di plastica si utilizzano come materie prime i rifiuti, che diventano da “problema” una risorsa, mentre per la confezione di shopper in biopolimeri si debbano utilizzare risorse alimentari. Puntuale è stata la risposta di Legambiente, che ha ribattuto agli industriali della plastica, mettendo in evidenza possibili contraddizioni, lacune del loro dossier e ribadendo i vantaggi della sporta riutilizzabile. Tra l’altro, il sacchetto in biopolimero nonostante sia meno resistibile rispetto alla plastica può essere usato per lo smaltimento della frazione umida dei rifiuti. Inoltre, questo tipo di sacco se disperso nell’ambiente, si degradano naturalmente, mentre lo shopper di plastica ha una lunga vita.
La strada del sacchetto di plastica ormai è tracciata.
Adeguandosi al resto dell’Europa, anche l’Italia dimenticherà presto lo shopper in plastica. Forse sarà un’occasione ulteriore per diffondere la cultura del riciclo, del riutilizzo e delle difesa dell’ambiente che si rivela una carta vincente per conservare la Terra e per consegnarla alle future generazioni come uno scrigno prezioso e sempre meno come una insana discarica.
Testo di Barbara Garavaglia preso da “Segno nel mondo” N°1 gennaio 2010
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