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reportage:
Aggiornamento sul gas di scisto negli USA: Secondo gli ultimi dati della Banca Mondiale, resi noti in anteprima da Reuters, l’anno scorso la quantità di gas bruciata senza alcun filtro nei pozzi di estrazione di tutto il mondo è cresciuta del 4,5%. La parola che spiega cosa stia succedendo non è, almeno questa volta, “fracking” ma è “flaring“.
La prima, ormai la conosciamo, indica la tecnica utilizzata per estrarre il gas di scisto dalle rocce in cui è intrappolato: si pompa acqua addizionata di sabbia e sostanze chimiche ad alta pressione nel giacimento per rompere la roccia e liberare il gas. E si inquina la falda acquifera, oltre a causare (forse, ancora è da dimostrare) microterremoti nell’area di estrazione.
La seconda, il flaring, indica l’usanza di bruciare il gas sporco in eccesso che esce dal giacimento mentre si estrae il metano intrappolato nelle rocce. Per mantenere la pressione costante, ed evitare esplosioni, si manda alla fiamma pilota il gas in maniera molto simile a quanto è stato fatto a bordo della piattaforma Total Elgin, nel Mare del Nord, per evitare che saltasse in aria a causa della enorme perdita di gas verificatasi un mese e mezzo fa.
I dati della Banca Mondiale dicono che nel 2011, nei soli Stati Uniti, sono stati bruciati con la tecnica del flaring tanti metri cubi di gas quanti ne consuma la Danimarca in un anno per coprire il suo fabbisogno nazionale. E in Danimarca fa freddo. Questo ha portato l’America all’interno della assai poco invidiabile top ten dei “Flaring States“, insieme ad altri Stati già da tempo presenti come la Russia, la Nigeria e l’Iraq.
Fonte: www.greenstyle.it/stati-uniti-lo-shale-gas-sta-facendo-aumentare-linquinamento-9252.html (
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